Abbiamo il diritto di dire tutto?
Di Damien Theillier, Presidente dell’Institut Coppet
Tradotto dal francese da Genoveva Olaru
Censurato
Esattamente due anni fa ,l’11 gennaio 2011, si apriva a Parigi il processo di Eric Zemmour,perseguitato da SOS Razzismo, il MRAP, la Licra e l’UEJF,per gli argomenti che aveva tenuto,ricordando che la proporzione di delinquenti è più forte tra le popolazioni immigrate. Oggi è il Ministro degli Interni Manuel Valls, che annuncia la sua volontà di far vietare gli spettacoli di Dieudonné a motivo che avrebbe propositi antisemiti. Si ha il diritto di dire tutto? Si può lasciare la gente passare il tempo ad insultarsi, a negare le camere a gas, ecc? Non occorre forse che un’autorità ristabilisca l’ordine?
Una risposta convenzionale a questa domanda sarebbe di dire : si ha il diritto di dire tutto ciò che non è vietato dalla legge. Tocca quindi alla legge definire ciò che si ha il diritto di dire o no. Così in Francia per esempio la censura è legale contro propositi scioccanti, dolorosi per questa o quella comunità, dalle ingiurie, alla diffamazione, dall’incitazione all’odio, all’omofobia ecc.
Molti si compiacciono che Dieudonné sia censurato. Essi pensano che sia un buffone volgare e pericoloso, che non fa ridere, che non è un vero umorista ma un agitatore politico. Essi pensano che sia un antisemita, un communitarista, un antiliberale ecc.
Ammettiamolo… e allora?
Il liberalismo è una filosofia politica che determina quando l’uso della costrizione giuridica è giustificata oppure no. La premessa fondamentale di questa filosofia è il principio della non- aggressione: non è legittimo lanciarsi in una aggressione contro dei non aggressori. Il termine aggressione è inteso qui nel senso forte di un uso della violenza fisica( e non verbale) contro la persona o i beni , tipo quella che si esercita nell’omicidio, la violenza carnale o il rapimento. Nessuna parola, nessun discorso né nessun insulto può essere assimilato ad un’aggressione fisica. Le idee non uccidono , anche se sono stupide, cattive, piene di odio o volgari.
L’errore del moralista secondo John Stuart Mill
Il moralismo in politica ,è la confusione del morale e del legale. Così la violenza verbale è moralmente condannabile ma non penalmente.In effetti è impossibile con la legge se questo o quel proposito costituisce una violenza verbale. Non bisogna confondere ciò che è condannabile moralmente (i vizi) con ciò che è condannabile giuridicamente ( i crimini,come le aggressioni contro le persone o le cose ).
Ebbene , il moralismo apre necessariamente la via al governo dei pensieri, al divieto del dibattito e a domande infinite di penalizzazione.
John Stuart Mill ha difeso questa idea in un libro celebre De la liberté (1854). Secondo lui il solo motivo per il quale una comunità civile può legittimamente “ usare la forza contro uno dei suoi membri , contro la sua volontà, è di impedire che sia fatto del male ad altri”. Il ruolo del potere è di impedire l’aggressione fisica.
Così egli dice,” Conviene girarsi un istante verso coloro che dicono che si può permettere di esprimere liberamente ogni opinione, purchè lo si faccia con misura e che non si superino i limiti della discussione leale. Si potrebbe dire molto sull’impossibilità di fissare con certezza questi limiti supposti; poiché se il criterio è il grado di offesa provato da coloro le cui opinioni sono attaccate, l’esperienza sembra dimostrare che l’offesa esista quando l’attacco è eloquente e potente: accuseranno dunque di mancare di moderazione ogni avversario che li metterà in imbarazzo”La libertà di espressione è quindi una libertà negativa.Essa consiste nel non impedire a chiunque , in modo coercitivo,di esprimere delle idee e delle opinioni giudicate immorali o false.Questa tolleranza non è sinonimo di relativismo, che consisterebbe nel mettere tutte le opinioni sullo stesso piano. Essa apre ,al contrario, al dibattito, al diritto di risposta, all’argomentazione e alla persuasione. Mill scrive: “Le sole misure che la società è giustificata a prendere per esprimere la sua repulsione o la sua disapprovazione per un tale comportamento sono i consigli ,l’istruzione, la persuasione e la cessazione della frequentazione dell’individuo da coloro che lo stimerebbero necessario per il loro proprio bene.”
Si può dire tutto nei limiti del rispetto dei contrasti e della proprietà privata.
Per un liberale coerente, la libertà d’espressione deve essere totale e senza altra restrizione che il rispetto del diritto di proprietà altrui. Ciò significa per esempio che ho il diritto di impedire a un uomo di incollare un manifesto sul muro della mia casa. Allo stesso modo ,un editore o un gruppo di stampa è padrone delle sue scelte editoriali e delle sue pubblicazioni. Un capo d’industria o un direttore didattico è padrone del regolamento interno del suo istituto. Quando vi si entra, si accetta questo regolamento , sotto pena di sanzione. Stessa cosa su un blog o su un sito internet. Ciascuno può emanare un regolamento in virtù del quale egli s’impegna a censurare questo o quel proposito giudicato fuori posto. In altre parole ,in una società libera , si ha il diritto di dire tutto nei limiti degli impegni contrattuali che si è presi e del rispetto del diritto di proprietà.
Nella sfera pubblica, la situazione non è la stessa. In effetti , lo spazio pubblico appartiene a tutti, nessuno se ne può arrogare il monopolio. L’autorità pubblica dispone del monopolio della violenza ma il suo ruolo è giustamente di reprimere la violenza fatta alle persone e alle loro cose , non d’iniziare sé stessa alla violenza. Esiste un metodo semplice per la società civile di combattere i comportamenti e le false idee, compresi gli insulti :l’ostracismo e il boicottaggio. E’ il solo metodo spontaneamente e naturalmente efficace , che protegge la libera volontà degli individui. Ma voler stabilire la tolleranza universale in maniera coercitiva criminalizzando il pensiero e forzando il cittadino ad adottare una verità di Stato è aberrante.
La conclusione è dunque semplice : niente dovrebbe essere turbato dalla giustizia per dei propositi privati o pubblici che, anche se offendono qualcuno,non uccidono e non attentano alla sicurezza della persone o delle cose. Bisogna dunque abolire ogni forma di delitto di opinione, ogni tentativo di legiferare sul passato, sulla storia o sulla memoria.
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